Riscaldamento nel Mediterraneo: i pesci rilevano i cambiamenti climatici nel progetto ClimateFish
Il primo database che utilizza le specie ittiche, considerate “sentinelle” dei cambiamenti climatici del Mediterraneo, per monitorare in maniera attiva le condizioni e le trasformazioni dell’ecosistema marino causate dal riscaldamento globale.
Progetto ClimateFish: riscaldamento monitorato con le specie ittiche
Il progetto ‘ClimateFish’ è stata avviato inizialmente dal programma internazionale ‘CIESM Tropical Signals’ (finanziato dalla Fondazione Alberto II di Monaco) e successivamente sostenuto dall’Interreg Med Programme, cofinanziato dal Fondo europeo di sviluppo regionale.
Sono state monitorate nel progetto sette specie autoctone, scelte perché facilmente identificabili, sensibili alle variazioni di temperatura e diffuse largamente e otto specie esotiche provenienti dal Mar Rosso.
“Grazie a un campionamento durato 13 anni sono stati censiti oltre centomila esemplari delle 15 specie target, in oltre 3 mila aree di sette Paesi del bacino del Mediterraneo. Le più rappresentate sono le specie autoctone donzella pavonina e salpa, anche se quest’ultima è andata registrando una diminuzione in quantità e in distribuzione geografica dovuta con tutta probabilità all’aumento delle temperature e alla competizione con erbivori tropicali.“
Inoltre la scienziata aggiunge: “Ma il loro numero è destinato a crescere nei prossimi anni a causa dell’aumento della temperatura provocato dai cambiamenti climatici”.
Non ci sono ancora dati completi sulle specie esotiche che si trovano nel mar Mediterraneo, è stato rilevato che si trovano per lo più verso la parte orientale dove il cambio delle temperature si fa sempre più intenso, infatti l’area a sud di Creta presenta un aumento dei valori (+1,65 °C). Il fenomeno di di riscaldamento delle acque qui è tre volte più veloce che negli oceani.
Questo ha portato a sconvolgimenti nella biodiversità marina mediterranea, molti esemplari sono migrati in cerca di mari con temperature minori spostandosi geograficamente in altri luoghi, come il fenomeno della meridionalizzazione. Diverse le specie ittiche autoctone, come il pesce pappagallo mediterraneo e la donzella pavonina che sono state trovate verso nord rispetto alla loro originale distribuzione geografica.
Un altro fenomeno molto diffuso negli ultimi anni è quello della tropicalizzazione, ossia sono presenti dei pesci non del posto di origine tropicale sempre più presenti a causa del riscaldamento globale (nel 2002 erano 90, di cui 59 dal Mar Rosso, mentre nel 2020 le specie esotiche sono arrivate a 188 di cui 106 provenienti dal Canale di Suez, per un totale di 76 specie stabili).
“Le prime prove dell’espansione verso nord di alcune specie ittiche risalgono agli anni ’90. Il fenomeno è avvenuto un decennio dopo la rilevazione di un netto aumento della temperatura e di importanti cambiamenti nella circolazione dell’acqua nel Mar Mediterraneo”, sottolinea Pannacciulli.
Intervista ai pescatori per testimoniare il mutamento dell’ecologia marina
Con l’obbiettivo di rilevare i cambiamenti dell’ecologia marina del Mediterraneo, il gruppo di ricercatori ha intervistato oltre 500 pescatori di 95 località diverse di nove Paesi europei, di età compresa tra i 28 e gli 87 anni, con più di 10 anni di esperienza individuale .
Le informazioni richieste ai pescatori erano inerenti alle specie che per loro esperienza avevano visto aumentare notevolmente e che non avevano mai osservato prima; gli intervistati hanno testimoniato 75 nuovi tipi di esemplari sia esotici che autoctoni.
I due terzi delle specie non autoctone rilevate sono stati il pesce palla maculato e il pesce flauto. Tra le specie autoctone maggiormente in espansione verso nord, il pesce serra e il barracuda mediterraneo.
“Queste metodiche innovative ci consentono di monitorare in modo semplice e coordinato alcuni effetti dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi costieri del Mediterraneo. Una delle parole chiave di questo approccio è collaborazione non solo tra istituti di ricerca ma anche tra ricercatori e comunità locali, in particolare pescatori e centri di immersione. Inoltre, l’approccio funziona bene sia a livello locale che per un’intera regione geografica come il bacino del Mediterraneo, considerato oggi un hot-spot del cambiamento climatico.“
Cambiamenti climatici: scienza e tecnologia per contrastarli, secondo Roberto Minerdo (presidente ONTM)
“L’annuncio della partecipazione di ENEA alla costruzione del database ClimateFish è da annoverarsi tra le -buone notizie- e lo è ancor di più perché in forma open access, un ottimo contributo alle attività di monitoraggio attivo delle condizioni dell’ecosistema marino con particolare riferimento al cambiamento climatico.
Il nostro Osservatorio ha già avuto modo in diverse occasioni di rimarcare la necessità di elevare il livello di attenzione sull’ eccessivo riscaldamento marino che si sta verificando negli ultimi anni con un rapido aumento che non ha precedenti nonché della presenza sempre più importante di specie marine esotiche nel nostro Mediterraneo. Un plauso quindi a questa importante attività di ricerca del CNR e di ENEA per individuare e catalogare le specie di pesci considerate sentinelle del cambiamento climatico.
Occorre mettere in campo scienza e tecnologia per sensibilizzare le Istituzioni e l’opinione pubblica su un problema non più trascurabile come il cambiamento climatico e soprattutto porre in essere, rapidamente, tutti gli strumenti necessari a preservare il Pianeta” sostiene Roberto Minerdo Presidente di ONTM – Osservatorio Nazionale per la Tutela del Mare, interpellato sull’argomento.
FONTE: Ingenio