La comunicazione ambientale, valore economico e giuridico per le presenti e future generazioni

Nov 8, 2023Contributi

Di Emilio Errigo

 

Roma, 8 nov. – L’evoluzione del valore universale dell’ambiente sotto ogni profilo negli ultimi cinquanta anni ha consigliato alla comunità internazionale di codificare in una Convenzione Internazionale l’obbligo degli Stati di GARANTIRE e SALVAGUARDARE la protezione e la preservazione dell’ambiente nel suo complesso considerato e del mare nella sua accezione più ampia (acque, fondi e sottofondi marini, patrimonio costiero).

 

Con questi presupposti evolutivi, il 10 dicembre 1982 a Montego Bay, in Giamaica, è aperta alla firma la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS).

 

 

La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) fissa un regime globale di leggi e ordinamenti degli oceani e dei mari, che stabilisce norme che disciplinano tutti gli usi delle loro risorse. Essa sancisce il principio che tutti i problemi degli spazi oceanici sono strettamente collegati e devono essere affrontati nel loro complesso. Definisce, inoltre, linee guida che regolano le trattative, l’ambiente e la gestione delle risorse naturali dei mari e degli oceani; la Convenzione di Montego Bay nasce dunque dopo oltre quattordici anni di negoziazioni che hanno visto la partecipazione di più di 150 paesi rappresentanti tutte le regioni del mondo, tutti i sistemi giuridici e politici e diversi contesti socio/economici.

 

Al momento della sua adozione, ha incorporato in un unico strumento le regole tradizionali per gli usi degli oceani e dei mari e allo stesso tempo ha introdotto nuovi concetti giuridici per affrontare nuove problematiche. La Convenzione ha inoltre fornito il quadro per l’ulteriore sviluppo di specifiche aree del diritto del mare.

 

 

All’interno della Convenzione, particolare rilevanza per quanto riguarda il tema trattato riguarda la Parte XII: “Protezione e preservazione dell’ambiente marino”; dagli art. 192 al 196, troviamo l’obbligo degli Stati di proteggere e preservare l’ambiente marino sfruttando le proprie risorse naturali, secondo le proprie politiche in ambito ambientale e nel rispetto dell’obbligo di proteggere e preservare l’ambiente marino. Inoltre, gli Stati adottano singolarmente o congiuntamente secondo i casi, tutte le misure conformi alla Convenzione atte a prevenire, ridurre e tenere sotto controllo l’inquinamento dell’ambiente marino.

 

La convenzione è entrata in vigore, in conformità con l’articolo 308 del 16 novembre 1994, dodici mesi dopo la data di deposito del sessantesimo strumento di ratifica o di adesione nazionale (la ratifica dell’Italia è avvenuta con legge 2 dicembre 1994, n. 689). Oggi, a livello globale, è il regime che si occupa di tutte le questioni relative al diritto del mare ed è stata ratificata da 156 stati più l’UE.

 

 

Questa progressiva attenzione alla salute dei mari e di tutti gli ecosistemi ha visto, in questi anni anche un impegno nel campo della logistica; Il settore dei trasporti marittimi ha infatti, un impatto ambientale significativo. Le navi emettono rumore, acqua e inquinamento da idrocarburi e sono anche responsabili di oltre il 18% di alcuni inquinanti atmosferici.

 

Per garantire che le spedizioni via mare, di gran lunga la tipologia di spedizioni più diffusa nel mondo siano sostenibili, è necessaria un’azione di trasformazione per passare interamente a carburanti scalabili a emissioni zero (SZEF) tra gli hub portuali; queste rotte marittime tra due o più hub su cui verranno impiegate navi a zero emissioni di carbonio sono denominati corridoi verdi marittimi.

 

 

Per impostare l’industria navale e della logistica sulla strada delle emissioni zero entro il 2050,  l’IMO (International Maritime Organization) ha introdotto alcune misure obbligatorie per le navi, dal 1 gennaio 2023 ogni nave deve indicare il proprio CII (Carbon Intensity Indicator) e l’EEXI (Energy Efficiency Existing Ship Index).

 

Questi principi e queste iniziative sul diritto internazionale del mare e dell’Ambiente sono poi stati ripresi nell’art. 11 TFUE in cui si precisa che “Le esigenze connesse con la tutela dell’ambiente devono essere integrate nella definizione e nell’attuazione delle politiche e azioni dell’Unione, in particolare nella prospettiva di promuovere lo sviluppo sostenibile”, e nel Titolo XX dello stesso Trattato in cui è esposto il principio della precauzione e dell’azione preventiva, il principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché il principio del «chi inquina paga».

 

A questi principi si ispira poi la Direttiva Quadro sulla Strategia per l’Ambiente Marino (MSFD-2008/56/CE) che rappresenta un importante strumento di governance del sistema mare, promuovendo l’adozione di strategie complesse mirate alla salvaguardia dell’ecosistema marino per il raggiungimento del Buono Stato Ambientale.

 

Raggiungere tale obiettivo significa preservare la diversità ecologica, la vitalità dei mari e degli oceani affinché siano puliti, sani e produttivi, mantenendo l’utilizzo dell’ambiente marino a un livello sostenibile e salvaguardando il potenziale per gli usi e le attività delle generazioni presenti e future.

 

Basandosi sull’applicazione dell’approccio ecosistemico alla gestione delle attività umane, la Strategia Marina si configura come il pilastro ambientale della Politica Marittima Integrata europea.

 

Non sfugge ad alcuno di noi, il processo evolutivo del concetto di ambiente che, in Italia, attraverso le varie e numerose sentenze, la Corte Costituzionale ha intrapreso, fino ad affermare chiaramente l’importanza dell’ambiente come CONDIZIONE DETERMINATIVA DELLA QUALITA’ DELLA VITA.

 

La nozione di “ambiente” entra a far parte del testo costituzionale soltanto nel 2001. Anche anteriormente alla riforma, tuttavia, all’ambiente era stato riconosciuto uno “status costituzionale”, soprattutto in virtù dell’art. 9, secondo comma e dell’art. 32, che nel sancire il diritto alla salute si declina anche come diritto all’ambiente di vita salubre.

 

In particolare, l’ambiente comincia a ricorrere nelle argomentazioni della Corte dagli anni settanta, in perfetta sintonia con quanto andava emergendo, in quello stesso periodo, nell’ambito dell’ordinamento internazionale e dell’ordinamento comunitario. I riferimenti alla tutela dell’ambiente, sia pure ancora individuata secondo una visione distinta per settori e senza un particolare approfondimento, sono più frequenti e articolati dalle pronunce della prima metà degli anni  ottanta. Tuttavia il giudice costituzionale resta sostanzialmente lontano da una concezione unitaria di tale tutela, tanto in ordine ai settori d’intervento, quanto in ordine alle finalità. La tutela dell’ambiente è concepita ancora come un contenitore puramente nominalistico d’interessi diversi, ciascuno con una propria autonoma configurazione e del tutto privi di denominatore comune.

 

Il vero e proprio salto di qualità nella ricostruzione del sistema giuridico di tutela dell’ambiente, si compie nella seconda metà egli anni ottanta. Le espressioni che la Corte utilizza nelle motivazioni delle sue pronunce appaiono sempre più significative e manifestano, senza incertezze, l’affermazione della tutela dell’ambiente come valore fondamentale dell’ordinamento.

 

Si segnala, a tal proposito, la sentenza n. 641 del 1987, la quale, nell’enucleare i parametri costituzionali di riferimento, delinea anche la concezione dell’ambiente, che sarà poi costantemente confermata, come “bene unitario” e come “valore primario ed assoluto”: il fatto che l’ambiente possa essere fruibile in varie forme e differenti modi, non fa venir meno e non intacca la sua natura e la sua sostanza di bene unitario che l’ordinamento prende in considerazione.

 

L’ambiente è protetto come elemento determinativo della qualità della vita; la sua protezione non persegue astratte finalità naturalistiche o estetizzanti, ma esprime l’esigenza di un habitat naturale nel quale l’uomo vive ed agisce e che è necessario alla collettività e, per essa, ai cittadini, secondo valori largamente sentiti; è imposta anzitutto da precetti costituzionali (i già citati art. 9 e 32 Cost.) per cui esso assurge a valore primario ed assoluto. “Si tende (cioè) – per riprendere le affermazioni della sentenza n. 210 del 1987 – ad una concezione unitaria del bene ambientale comprensiva di tutte le risorse naturali e culturali”.

 

Una “unicità complessa”, dunque, ben descritta dalla sentenza n. 356 del 1994: in cui “la protezione dell’ambiente, che pure attraversa una molteplicità di settori in ordine ai quali si mantengono competenze diverse, statali e regionali, ha assunto una propria autonoma consistenza, che, in ragione degli specifici ed unitari obiettivi perseguiti, non si esaurisce né rimane assorbita nelle competenze di settore”.

 

Con la riforma del Titolo V della Costituzione la “tutela dell’ambiente” ha trovato posto – per la prima volta – nelle elencazioni dell’art. 117 e quindi un’esplicita considerazione ai fini del riparto di competenze legislative fra Stato e Regioni.

 

L’innovazione, testimonianza in sé dell’accresciuto rilievo sociale ed economico delle problematiche ambientali, è addirittura caratterizzata da un’articolazione definitoria. Infatti, il legislatore costituzionale ha distinto fra la legislazione in materia di “tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali”, riservata alla competenza esclusiva dello Stato, e legislazione finalizzata alla “valorizzazione dei beni culturali e ambientali”, collocata invece al comma terzo dell’articolo 117, e quindi attribuita alla competenza concorrente di Stato e Regioni.

 

Un’ulteriore disposizione costituzionale è infine collocata all’articolo 116, terzo comma, laddove per alcuni ambiti materiali è prevista l’ipotesi di conferimento – con legge statale – di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia alle regioni a statuto ordinario. Oltre che per tutte le materie oggetto di legislazione concorrente, tale ipotesi è, infatti, estesa anche ad alcune delle materie attribuite dal successivo articolo 117 alla competenza esclusiva statale, e fra queste – appunto – la “tutela dell’ambiente dell’ecosistema e dei beni culturali”.

 

Infine, attraverso la Legge Costituzionale 11 febbraio 2022, n. 1, “Modifiche agli articoli 9 e 41 della Costituzione in materia di tutela dell’ambiente” si sancisce il riconoscimento da parte del legislatore costituzionale del valore fondamentale del bene ambiente, esplicitandone il carattere di bene costituzionalmente protetto.

 

La legge di riforma costituzionale incide anzitutto sull’articolo 9 della Carta, norma cui già in passato la Consulta si è più volte richiamata per affermare la rilevanza costituzionale dell’ambiente come bene giuridico unitario; l’articolo è stato arricchito di un nuovo terzo comma, nel quale si legge che la Repubblica Italiana tutela – accanto al paesaggio e al patrimonio storico e artistico della nazione – «l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni». La nuova disposizione costituzionale prosegue con la previsione secondo cui «la legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali».

 

Oggetto di modifiche è anche l’articolo 41 della Costituzione, che ora prevede espressamente che l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in modo da recare danno alla salute e all’ambiente, oltre che alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana. L’ultimo comma dell’articolo citato, inoltre, vede l’inclusione dei «fini ambientali» accanto ai fini sociali verso cui può essere indirizzata e coordinata l’attività economica pubblica e privata.

 

A proposito di quest’ultimo passaggio, vorrei proporre una riflessione articolata che, muovendo da considerazioni di carattere generale, potrà trasformarsi, anche e soprattutto grazie ad un’azione di Comunicazione Ambientale Strategica, in un processo economico sostenibile di notevole interesse soprattutto per la mia amata Regione Calabria.

 

Partiamo da alcuni dati statistici; la superficie della terra è complessivamente circa 510 milioni di Kmq, di questi, ben 364 milioni di chilometri quadrati, sono coperti dalle acque degli oceani, mari, laghi, fiumi, paludi, torrenti ed altre risorse idriche. Il volume totale delle acque delle terre sottomarine, chiamati fondi e sottofondi marini è di circa 1,5 miliardi di chilometri cubi.

 

All’interno di questo continente blu, il Mar Mediterraneo ha un’ampiezza complessiva di oltre 2.5 milioni di Kmq.

 

Al centro del Mediterraneo, la nostra Italia ha un territorio di oltre 302 mila Kmq; il mare territoriale che bagna la penisola italiana è pari a circa 120 mila chilometri quadrati, di cui la sola Calabria ne occupa ben 15.222 Kmq. Intorno questo territorio si estendono quasi 800 km lineari di lunghezza delle coste.

 

Perché questo mio interesse per il mare?

 

La risposta è nelle parole del biologo americano, William Crome che, dopo aver studiato, analizzato e approfondito con ricerche scientifiche comparate l’ecosistema marino, ha lasciato ai posteri questo risultato descrittivo: “L’acqua del mare e il sangue sono straordinariamente simili. Il liquido organico delle meduse, dei granchi, degli squali, dei pesci, dei rospi, dei cani e dell’uomo contiene gli stessi sali dell’acqua del mare e quasi nello stesso rapporto. Alcuni invertebrati marini, come gli echinodermi, possono addirittura sostituire momentaneamente il loro sangue con acqua di mare. In altre parole: il nostro sangue e quello degli animali non è altro che acqua di mare trasformata”. Questo significa che tutti gli esseri viventi derivano dal mare.

 

E cosa c’è di più bello del mare della Calabria? Il mare appartiene a tutti i cittadini residenti o presenti in questa bellissima e ricchissima regione. Che la Calabria fosse riconosciuta universalmente come unica e meravigliosa, dal mare ai monti, non è una novità, tant’è che sono stati molti gli scrittori e viaggiatori stranieri che nel corso dei secoli, hanno scritto e narrato in molti testi dei paesaggi, dei borghi, del cibo, dei profumi e dell’ospitalità della gente calabrese.

 

Molto dunque è stato scritto ma, a mio avviso, non così tanto relativamente alle vere materie prime “intangibili” presenti in Calabria. Mi riferisco a queste risorse naturali: l’Ambiente, la Biodiversità e gli Ecosistemi.

 

Eppure non dovrebbe sfuggire agli studiosi che questi citati beni hanno già meritato, come descritto precedentemente, una tutela, una valorizzazione e un riconoscimento giuridico. La loro tutela e protezione è presente agli articoli 9, 41 e 117 della Costituzione della Repubblica Italiana.

 

Bisogna essere consapevoli che le nostre materie prime, vere ricchezze della Calabria, vanno e devono essere protette, valorizzate, salvaguardare, custodite, godute, difese, diffuse, utilizzate con la stessa intelligenza creativa della quale, da secoli non difetta il Popolo della Calabria.

 

Gli ecosistemi e la biodiversità presenti nelle differenti realtà economiche, sociali e ambientali dei 193 Stati membri delle Nazioni Unite, risultano compromessi, inquinati, alterati, sovrautilizzati e minacciati da uno sviluppo economico aggressivo e non più sostenibile, per le presenti e future generazioni.

 

Per saperne poco o tanto di più, invito a leggere, in primis il Rapporto Onu 2021, sullo stato di attuazione degli obiettivi di sviluppo sostenibile nel mondo e poi studiare bene il contenuto dell’Agenda 2030, facilmente estrapolabili attraverso i diversi motori di ricerca presenti in rete.

 

Poiché dunque, viviamo in un periodo di cambiamenti, di stress ambientale e di nuove strategie per la difesa di questi preziosi beni, analizzando studi di autori di economia ambientale, s’intende chiaramente il bisogno, per chi ha la fortuna di vivere in un ambiente ancora sostenibile, di organizzarne la difesa, la tutela e lo sfruttamento etico del territorio; questo, prima che i grandi investitori stranieri, oggi attratti “dal business del turismo ambientale”, indirizzino i loro sguardi verso l’incontaminata e vergine terra di Calabria tagliando fuori da questo sviluppo i cittadini residenti.

 

È noto ai più che per gestire e supportare questo cambiamento, occorra tanta buona e sana volontà e altrettanta lungimiranza.

 

La Calabria è una delle Regioni d’Italia, dove ancora si vive benissimo. Il Popolo Calabrese è gioioso per sua natura, accoglie fraternamente, si rende disponibile ad esaudire ogni richiesta finalizzata alla conoscenza delle mille e forse più realtà ambientali, dei luoghi ancora incontaminati anche grazie al mancato e ritardato sviluppo economico industriale.

 

Questa introduzione mi spinge a riflettere su quello che potrebbe sembrare un paradosso: sono convinto che la povertà economica della Calabria potrà, sulla base di quanto esposto, far diventare i calabresi, i nuovi ricchi del mondo.

 

I beni ambientali, la biodiversità e gli ecosistemi integri e incontaminati della Regione Calabria, uniti al sole, al clima, all’aria purissima, saranno rivalutati e valorizzati, perché sono le vere inesauribili risorse economiche che soddisferanno i crescenti bisogni dei più ricchi del mondo.

 

Chi possiede una capacità d’investimento elevata, potrà occupare gli spazi di territorio ancora edificabile per strutture alberghiere e ricettive extra lusso, villaggi turistici e residenze estive di lusso con vista mare o dei sempre verdi territori collinari e montani.

 

A proposito di quanto appena affermato, bisogna riflettere anche sul c.d. “D.L. Sud” o “Decreto Sud“, il decreto Legge 19 settembre 2023, n. 124 rubricato come “Disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione e per il rilancio dell’economia nelle aree del Mezzogiorno del Paese“ e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, con la serie generale n. 219 del 19 settembre 2023.

 

Si tratta di un provvedimento contenente disposizioni urgenti in materia di politiche di coesione e per il rilancio dell’economia nelle zone del Mezzogiorno d’Italia.

 

L’obiettivo di queste disposizioni è quello di creare degli incentivi per la crescita ed il consolidamento economico delle aree del Sud d’Italia, per renderle maggiormente idonee allo sviluppo ed alla crescita del sistema produttivo.

 

L’Art. 9 di questo Decreto Legge prevede la riunificazione in un una ZES (Zona economica speciale) Sud unica, che racchiude le regioni di: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna.

 

Per Zona Economica Speciale si intende una zona delimitata del territorio dello Stato nella quale l’esercizio di attività economiche e imprenditoriali da parte delle aziende già operative e di quelle che si insedieranno può beneficiare di speciali condizioni in relazione agli investimenti e alle attività di sviluppo d’impresa.

 

E’ mio convincimento, nel caso della Calabria, prevedere la valorizzazione dei beni ambientali non solo adiacenti agli ambiti marittimi, costieri e portuali ma anche valorizzare il patrimonio montano e collinare, attualmente poco conosciuto; penso ai tre Parchi Nazionali, alle quindici Riserve Naturali Statali e alle tre Riserve Naturali Regionali, patrimoni di biodiversità ed ecosistemi unici, presenti nella Regione.

 

Se come calabresi, saremo bravi a difendere i nostri territori da predatori senza scrupoli ed a permettere solo un turismo sostenibile d’élite, grazie all’indotto economico prodotto, si potrà assistere ad incremento della ricchezza complessiva di quanti vivono in questa terra.

 

Chi scrive questi pensieri, è un migrante professionale che, tornato dopo ben 45 anni, svolge in Calabria il ruolo di Commissario Straordinario delegato a coordinare, accelerare e promuovere la realizzazione degli interventi di bonifica e riparazione del danno ambientale nel sito contaminato di interesse nazionale di Crotone – Cassano e Cerchiara.

 

Vivo con intensità emotiva, alto senso del dovere, spirito di sacrificio, entusiasmo e orgoglio, questo importante incarico professionale, avendo però la fortuna di respirare aria pura, mangiare buon pesce, frutta e verdure fresche, leggendo libri di storia della Calabria e programmando itinerari turistici perché qui, non si finisce mai di scoprire luoghi e paesaggi unici.

 

Certo occorrerebbe più amore verso queste materie prime, da parte di tutti, nessun escluso ed esclusa; inquinare le acque dei laghi, dei fiumi, il mare, il territorio non è un bel gesto di civiltà, anche perché la nostra vera ricchezza è proprio questo grandissimo dono che ci ha fatto madre natura.

 

L’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi della Calabria, il tutto deve restare a totale beneficio della salute e qualità della vita delle presenti e future generazioni.

 

Comunicazione ambientale strategica, questo dovrebbe essere l’approccio alla comunicazione integrata; non solo denunciare le criticità ma far conoscere quanto di positivo, dal punto di vista ambientale e territoriale, la Calabria possa offrire.

 

Questo tipo di comunicazione deve diventare utile strumento per quella strategia del benessere che ho cercato di esporre in precedenza; deve orientare scientificamente (esponendo il vero), le scelte politiche, per consentire a tutti quanti noi e non solo alle istituzioni, di prendersi cura della propria terra che DEVE restare, sia pure con le note criticità presenti (e che con la mia nomina a Commissario Straordinario alla Bonifica del SIN di Crotone-Cassano-Cerchiara spero di risolvere), una terra meravigliosa e libera da problematiche ambientali e sanitarie, per proteggere noi e le future generazioni.

 

Concludo con alcuni passaggi significativi tratti dall’esortazione apostolica “LAUDATE DEUM” di Papa Francesco; le Sue considerazioni, alla luce di quanto esposto, sono la via maestra a cui affidarci per la tutela e salvaguardia dell’Ambiente, degli ecosistemi e la biodiversità.

 

“Lodate Dio per tutte le sue creature”. Questo è stato l’invito che San Francesco d’Assisi ha fatto con la sua vita, i suoi canti, i suoi gesti.

 

A questo, Papa Francesco ha aggiunto che ”il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura. Al di là di questa possibilità, non c’è dubbio che l’impatto del cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di molte persone e famiglie. Ne sentiremo gli effetti in termini di salute, lavoro, accesso alle risorse, abitazioni, migrazioni forzate e in altri ambiti. Si tratta di un problema sociale globale che è intimamente legato alla dignità della vita umana.

 

È quindi urgente una visione più ampia, che ci permetta non solo di stupirci delle meraviglie del progresso, ma anche di prestare attenzione ad altri effetti che probabilmente un secolo fa non si potevano nemmeno immaginare.

 

Non c’è chiesto nulla di più che una certa responsabilità per l’eredità che lasceremo dietro di noi dopo il nostro passaggio in questo mondo”.

 

FONTE: Askanews