Il Circular Marine Food System sostenuto dalla ricerca italiana

Lug 1, 2024News

Le modalità con cui si è prodotto, pescato, raccolto, distribuito e consumato il cibo nel corso del boom economico del Novecento hanno avuto impatti devastanti sugli ecosistemi e sulla salute e la vita delle persone. Il modello di Circular Marine Food System, elaborato verso la fine degli anni Sessanta dall’economista Kenneth E. Boulding, rappresenta un insieme di azioni progettuali con cui possiamo contribuire a rafforzare un sistema agroalimentare legato al seafood più sostenibile.

Il modello agroalimentare circolare consente di correggere le distorsioni e le imperfezioni dell’attuale modello industriale del comparto agroalimentare, trasformando le problematiche e gli scarti in nuove opportunità occupazionali. Gli esperti dell’Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile (ASviS) hanno più volte ribadito che il modello attuale è legato a una logica rigidamente lineare che non funziona e il passaggio al Circular Food System consentirebbe di generare enormi vantaggi per l’ambiente, il mare e i consumatori. Sviluppare e rafforzare le innovazioni tecnologiche e la ricerca scientifica consentirebbe di ridurre sensibilmente gli scarti della filiera ittica e agroalimentare rappresentando una rivoluzione in tema di tutela dell’ambiente, del mare e nella lotta agli sprechi alimentari.

Numerose startup e aziende innovative stanno puntando sulla Circular Marine Food System per approfondire e far conoscere i diversi tipi di materiali e di prodotti che utilizzano rifiuti presenti in mare, come il nylon delle reti da pesca, o il riuso degli scarti della produzione ittica e della mitilicultura. “Analizzando i processi produttivi nel mondo nel seafood, troviamo numerosi esempi virtuosi di economia sostenibile”, ci spiega Roberto Minerdo, presidente dell’Osservatorio nazionale tutela del mare (ONTM). “Ne cito qui alcuni come quello avviato da Callipo Conserve Alimentari, azienda calabrese che opera da oltre 100 anni nel settore delle conservazioni ittiche, che con la collaborazione dell’Università mediterranea di Reggio Calabria ha attivato un progetto per valorizzare gli scarti della lavorazione del tonno, compresi i fanghi di depurazione, e trasformarli in prodotti ad alto valore aggiunto di Omega-3, bioenergia e fertilizzanti organici.

È interessante – continua Minerdo − anche una sperimentazione avviata con il progetto Agri-fish. Coordinato dall’Università di Camerino, in collaborazione con l’Università algerina di Tiaret, quella di Valencia e dal CNR-IRBIM di Ancona, ha lo scopo di produrre mangimi innovativi da impiegare in attività di acquacoltura utilizzando prodotti di scarto principalmente di agricoltura biologica. O ancora, la ricerca del Dipartimento di scienze biologiche e ambientali dell’Università del Salento, che, trattando l’importante tema dei rifiuti legati alle attività della pesca, sta elaborando soluzioni per il riutilizzo di gusci di cozze e carapaci di gamberi, convertendo quindi materiali di scarto in prodotti ad alto valore aggiunto.” La creatività imprenditoriale e la ricerca scientifica, insomma, possono divenire percorsi concreti per la valorizzazione e la promozione di politiche di economia circolare per gli operatori della filiera ittica.

 

Dagli scarti delle cozze a nidi per gli uccelli migratori

Una progettualità estremamente interessante è quella avviata dalla Fondazione no profit Medsea con la società Nieddittas, che hanno realizzato in Sardegna un isolotto artificiale con gli scarti delle cozze. Un progetto estremamente particolare e accattivante che prevede il riutilizzo dei gusci dei mitili per la costruzione di isolotti artificiali presso lo stagno di Corru Mannu, al fine di sostenere l’insediamento e la nidificazione di alcune specie di uccelli. Lo stagno di Corru Mannu, all’interno del quale sorgono gli stabilimenti di Nieddittas, gode di una posizione estremamente favorevole e di una rilevanza internazionale per la nidificazione, lo svernamento e la migrazione di importanti specie di uccelli aquatici e marini migratori. Una zona caratterizzata da un disturbo antropico molto basso, che presenta le necessarie caratteristiche per promuovere la nidificazione in sicurezza e sostenere l’insediamento degli uccelli marini. L’isolotto è formato da 2.000 sacchi di iuta pieni di gusci di cozze, derivanti dalla lavorazione di Nieddittas, posizionati manualmente attraverso l’ausilio di un natante e il supporto in acqua di alcuni sommozzatori che hanno coordinato le attività di posizionamento. Nel corso del 2023 i primi esemplari delle specie migratrici hanno insediato l’area ed è stato predisposto un piano di monitoraggio che consentirà di verificare la funzionalità dell’isolotto e la possibilità di posizionare ulteriori elementi adatti alla nidificazione.

 

Energia rinnovabile dalla posidonia

Nel comune di Pollica, nel Parco nazionale del Cilento, si sta lavorando alla nascita del primo impianto europeo di energia rinnovabile alimentato dalla vegetazione marina endemica del Mediterraneo che giunge sulle spiagge: la posidonia spiaggiata. Un biodigestore di posidonia da 7.000 tonnellate all’anno, in grado di soddisfare il fabbisogno elettrico di 500 famiglie, è il progetto lanciato dal piccolo comune del Cilento. Il biodigestore è collocato all’interno di un sentiero naturalistico frequentato dai numerosi turisti. Oltre a coprire i consumi energetici della comunità locale, si punta alla produzione di energia anche per il depuratore cittadino, il cui ruolo nel processo di trattamento della posidonia è fondamentale.

Per ridurre al minimo la perdita di arenile, la posidonia spiaggiata ha bisogno di essere ripulita dai rifiuti marini e dalla sabbia. Viene quindi sottoposta a un processo di lavaggio che utilizza acque non potabili o riutilizza quelle usate per il lavaggio delle barche o quelle provenienti dall’irrigazione. “Il vantaggio ambientale è evidente, perché la riduzione della produzione del metano da fonte fossile è un obiettivo cui tutti dobbiamo tendere”, ha dichiarato il CEO di Miras Energia, Silvio Petrone. La startup salernitana, Miras Energia, che ha sede ad Eboli e che è impegnata nel settore dello sviluppo di progetti per l’implementazione dell’energia pulita e dell’efficientamento energetico, ha elaborato la nuova progettualità insieme con la comunità, le istituzioni e le associazioni attive nel comune di Pollica.

Insieme a una restante quota di frazione organica dei rifiuti solidi urbani, la posidonia viene trasformata in biometano. La metodologia di lavorazione è quella della digestione anaerobica: come per altre biomasse, in totale assenza di ossigeno, con batteri e microrganismi, la posidonia conferita nell’impianto viene trasformata in metano (60%) e in altre sostanze gassose. “Pollica ha una percentuale di raccolta differenziata che supera l’80%”, ci spiega Stefano Pisani, sindaco del comune di Pollica. “La frazione di Acciaroli diviene sede di un impianto energetico che non impatta sul territorio, per dimensioni e portata, e che ci consentirà, una volta esaurito il ruolo costruttivo della posidonia, fondamentale per mitigare l’erosione costiera nel corso delle mareggiate, di produrre energia in piena autonomia, insieme ai comuni costieri limitrofi, aiutandoci a costruire una vera e propria comunità energetica. I nostri cittadini avranno fornitura elettrica a un costo minore e uno sgravio consistente per quanto riguarda i costi dello smaltimento dei rifiuti.

 

Innovazione, cooperazione e divulgazione per una filiera ittica sostenibile

Le numerose criticità che stanno attraversando le produzioni ittiche e gli ecosistemi marini possono essere affrontate attraverso l’innovazione tecnologica e i processi innovativi legati alla sostenibilità della filiera ittica. “Possiamo riscrivere il settore”, ci spiega il professore Alberto Felici, direttore del Master di II livello in management delle aree e risorse acquatiche costiere dell’Università di Camerino. “Attraverso un’indubbia e ormai improcrastinabile rimodulazione dello sforzo di pesca e a una drastica riduzione dell’inquinamento, attraverso un improcrastinabile sostegno alla qualità delle produzioni, un aumento del dialogo a tutti i livelli territoriali tra operatori del settore ittico e le altri parti sociali e per soddisfare le esigenze dei consumatori in tema di sicurezza alimentare e salubrità dei prodotti, recuperando il favore dei consumatori, che oggi si approcciano con diffidenza ai prodotti di questo settore anche a causa di notizie allarmistiche sulla salubrità dei prodotti ittici. Alla base di tutto è altrettanto necessaria la corretta e rapida condivisione delle informazioni e dei dati scientifici nonché la loro diffusione.

Di particolare attualità è l’economia circolare delle risorse ittiche, nota come Circular Marine Food System, la cui utilizzazione per il consumo umano deve tenere conto dell’esigenza di evitare sprechi e quindi dell’importanza del riutilizzo degli scarti”, sottolinea Roberto Natali, fondatore e direttore scientifico del Centro studi idrostrategici Ab Aqua. “In tale ottica va potenziato l’uso dei residui della lavorazione del pesce per la produzione di gelatine, cibo per animali domestici, farine e, in particolare, dagli scarti dei crostacei, persino materiale per imballaggio biodegradabile. Si tratta di rispetto per il mare e la sua ricchezza, di riduzione degli sprechi dei prodotti ittici, sempre più preziosi, al cui riguardo va anche potenziata la legislazione e diffusa la conoscenza delle nuove pratiche”.

Pensare la Blue Economy in chiave circolare prevede una rinnovazione del settore stesso che, grazie alla ricerca, all’introduzione di innovazioni tecnologiche e alla cooperazione con le varie filiere economiche “blue”, consente di sviluppare nuove prospettive occupazionali rispettando il mare e i suoi ecosistemi.

 

FONTE: Circular Economy for Food